Dom. Nov 24th, 2024
Economia e società - di Andrea PESAVENTO
Dal “Libro” della chiesa di Rocca di Neto e particolarmente dal “Libro delli morti” compilato in maniera frammentaria dall’arciprete di Rocca di Neto Domenico Valente dal 10 marzo 1563 all’ultimo di agosto 1569, e dalla seguente incompleta “Lista de morti” dell’arciprete Marcello Ballatore, che inizia dal 9 novembre 1578, si possono ricavare alcune note sulla vita sociale ed economica di Rocca di Neto.
Periodi particolarmente segnati dall’alta mortalità furono quelli tra l’autunno del 1565 e la primavera del 1566, tra l’autunno 1580 e la primavera 1581 e le annate 1593, 1596 e 1599. Le brevi note degli ultimi anni del Cinquecento fanno risaltare l’effetto drammatico delle infermità invernali che colpiscono soprattutto i “figlioli” e le “figliole” piccoli causando una “morte subbitanea”. Soprattutto imperversa la squinanzia, anche se non manca la morte da “puntura” e da uccisione. Quest’ultima interessa soprattutto la campagna dove svernano i pastori ed i mandriani. Scorrendo la lista di coloro che vengono seppelliti nelle chiese di Rocca di Neto, soprattutto nella matrice di San Martino e nel monastero di Santa Maria della Grazia, ci si accorge che quasi un decimo non è nativo di Rocca di Neto. Esso proviene parte da terre e casali vicini (Santa Severina, Casabona, Belvedere, Verzino, Papanice, Cutro, Crotone) e parte da abitati legati da antichi vincoli economici e feudali, cementati per la presenza delle vaste proprietà dell’abbazia del Patire e dalla appartenenza dapprima alla contea di Cariati e poi al principato di Rossano (Crucoli, Terravecchia, San Maurello, Rossano, Campana ecc.) (13). Questo fatto ci indica anche la forte mobilità della popolazione, che si spostava in gran numero durante il ciclo agrario e pastorale, seguendo usi consolidati secolari. Da tempo immemorabile il territorio rocchitano era dominato da pochi grandi proprietari terrieri non originari del luogo, che condizionavano la vita dei suoi abitanti: il feudatario, l’abbazia di Santa Maria del Patire situata presso Rossano, l’abbazia di S. Giovanni in Fiore e la mensa arcivescovile di S. Severina. Proprietà minori possedevano anche la chiesa arcipretale del luogo ed il convento di S. Agostino di recente fondazione. Le poche terre che rimanevano, erano costituite dalle terre comuni e da “vignali”. Quet’ultimi erano gravati da censi e prestazioni ed appartenevano a pochi piccoli proprietari del luogo, i quali godevano del loro status per la sudditanza e compiacenza che dimostravano incondizionatamente verso i grandi proprietari. Tra questi primeggiavano Ascanio Pignanello, Desiderio Pignanello, il notaio Gio. Dionisio Laurello, Gio Ferrante de Laurenzo, Pietro Damato, Cola Maria Pancalli, Fabio Milello, Quinto Garbeo ecc.. Essi formavano il ceto dominante locale. Gestivano il governo cittadino e con i loro massari , baccari, garzoni e famuli mettevano a coltura le terre che prendevano in fitto. L’analisi dei 264 atti di battesimo, riportati nel “Libro” e riferiti agli ultimi decenni del Cinquecento, ci fanno intravedere lo stato sociale delle famiglie di Rocca di Neto. Alla sommità la casata dei Pignanello, i cui componenti compaiono come “compatri” nel 16% dei battesimi, seguono le casate dei Laurello (11%), dei Pancalli (6%), degli Jole (5%), dei De Laurenzio (4%), degli Inconocchiature (4%), dei Milello (3%), dei De Biasio (3%) ecc. La gran parte della popolazione, che possiede solo le proprie braccia, è costituita da poveri, pezzenti e mendicanti, che sono sepolti “amore Dei”, in quanto “nihil possidebat” o “quia erat mendicus”o “poverissima” o “quia mendicabat et nihil possidebat”. E’ segnalata la presenza anche di zingari (14), di spagnoli (15), di teutonici (16), di una schiava turca e di meretrici (17).
Le epidemie soprattutto invernali che avevano caratterizzato gli ultimi anni del Cinquecento, si prolungano anche nei primi anni del Seicento. Se nell’annata del 1599 si conteggiano 13 nati a fronte di 39 morti, la condizione è ancora peggiore tra l’ottobre del 1601 e l’aprile seguente, quando a 13 nati si contrappongono ben 40 morti.

Di quellinatiaroccadineto

Benvenuti nel Blog personale di Domenico Turco