Dom. Nov 24th, 2024
a cuta del Prof. Franco Delfino Cosimo

  "grastaru " "grastaturu"   "grastatiaddhru "

    Spesso, anche nel nostro dialetto, incontriamo famiglie di parole, che hanno la stessa radice, 
ma un significato diverso.

    Nella nostra analisi, la parola capostipite è " grasta " ( vaso).

È una voce siciliana, derivata dal tardo latino, in continuazione del greco "gastér ", col significato 
di "ventre" per la forma bombata , cui si fanno crescere piante odorose.

  Già  il Boccaccio, nella quinta novella della IV giornata, (la sventurata Lisabetta da Messina ) 
la usa, a conclusione della stessa, introducendo la bellissima canzone popolare : " la canzone
del basilico": " Qual esso fu lo malo cristiano/che mi furo' la mia grasta/del basilico selemontano?"

    La canzone, ripresa anche da Carducci, narra la storia dell'amore tra Lorenzo e Isabella, 
a cui i tre fratelli  mercanti uccidono e seppelliscono l'amato.

     Venutole in sogno, Isabella scopre il posto della sepoltura indicatole e  trafuga la testa, che
 ripone in una "grasta " , coprendola con una pianta di basilico  profumatissimo e la nutre con 
le sue lacrime.

       Ma i fratelli gliela sottragono e, dopo averla svuotata, riconoscono il capo putrefatto di Lorenzo.

         Isabella muore di dolore.

     "Grastaru " è colui che costruisce le " graste ", cioè il."vasaio ".
 " grastare " , con i suoi derivati che abbiamo elencati hanno a che fare, invece , con il concetto 
di " castrare" , "evirare "( asportare o rendere atrofici gli organi genitali di un animale per impedirgli 
di procreare).

     Qual è stato il percorso di " grastare " fino ai nostri giorni?
    Nel 1846 Giacinto Carena e Vittorio Amedeo Peyron, nel "Prontuario di vocaboli attinenti a 
parecchie arti " usano il termine "gastrare le castagne "per indicare il piccolo taglio sulla buccia 
delle stesse , affinché nell'arrostire non scoppino ".

   È evidente , quindi , che dopo avere  aggiunto una " r " il verbo è diventato " grastare ".(epentesi).

   È davvero stupefacente come il concetto sia stato trasferito, dai nostri avi, dalle castagne alla pratica 
di incidere con un bisturi lo scroto degli animali (maiali ,agnelli, cavalli ,ecc)!

    Per ognuno di essi c'erano dei tempi da rispettare.
    Così facendo , gli stessi non solo erano meno furiosi, ma  miglioravano il peso e la loro carne non 
avrebbe avuto odore sgradevole.

    " U grastaturu " , sopratutto dagli anni venti in poi , era diventata una professione.

     Per procedere a " grastare " un animale ci voleva esperienza e grande competenza.
     L'attrezzo che si utilizzava era una specie di coltello, con lame molto affilate di varia grandezza, 
in rapporto all'età  e al peso dell'animale.

    La pratica durò fino agli anni '50.
Venne sostituita con attrezzi e tecniche più moderni.

    "U grastatiaddhru "( la parola è ancora in uso) è il giovane agnello , a cui sono stati asportati i testicoli , prima dei tre mesi, per essere consumato in cucina senza riceverne uno spiacevole odore di carne ovina.

Di quellinatiaroccadineto

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